3 ottobre 2013

La depurazione degli scarichi fognari

In un modo o nell’altro, ce l’avete fatta: avete espulso la vostra dose quotidiana di escrementi solidi. Tirate lo sciacquone, rimanete un momento indecisi se usare o no lo scopino, poi voltate le spalle al water e vi avviate con gli intestini liberi verso un radioso futuro. Una volta fuori dal corpo, gli escrementi non sono più un vostro problema. Ma che fine fanno le feci (e le urine) risucchiate nel vortice dello scarico?

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Vignetta da tinypic.com

Se abitate in una bella casetta abusiva in riva al mare, i vostri scarichi si staranno probabilmente già infiltrando nel sottosuolo, avvelenando le faglie, o meglio ancora dirigendosi verso un pratico sbocco a mare situato a qualche centinaio di metri di distanza. Ma abbiate fede: al prossimo condono tombale anche voi avrete in regalo un bell’allacciamento fognario.

Se invece vivete in una delle ispirate città italiane che hanno costruito un depuratore e lo utilizzano pure, gli scarichi provenienti dai vostri water, lavandini e lavatrici convergeranno, insieme all’acqua piovana raccolta dalle strade, in un’unica grande condotta diretta al depuratore comunale: un incubo di vasche, pompe, odori e mali umori.

Lo scopo di un depuratore è trattenere o eliminare tutte le sostanze estranee o inquinanti presenti negli scarichi fognari.
Innanzitutto bisogna evitare che oggetti finiti per errore nel lavandino o raccolti per strada dalla pioggia, entrino per errore nei delicati e costosi meccanismi del depuratore: assorbenti, rotoli di carta igienica, mazzi di chiavi, ratti, pezzi di paraurti, etc. si fermano su una griglia che fa da filtro all’ingresso.

Poi bisogna liberarsi di ghiaie e sabbie, che non possono essere riciclate e devono essere smaltite in discarica. A causa del loro peso, queste si depositano spontaneamente nella prima vasca. Contemporaneamente, si recuperano gli oli e i grassi che galleggiano in superficie.

A questo punto, la maggior parte di ciò che resta è materia organica, biodegradabile: cioè roba che è possibile dare in pasto al multiforme regno dei viventi, e in particolar modo ai batteri. Il sontuoso banchetto della biodegradazione, evento centrale del processo di depurazione, avviene nella cosiddetta vasca a fanghi attivi.

I fanghi attivi sono essenzialmente una melma di batteri di vario genere che, portati qui dallo stesso scarico fognario, hanno trovato l’ambiente giusto per prosperare e hanno deciso di fermarsi. Il loro cibo è costituito dalle sostanze di scarto trasportate dalle acque reflue.

Per svolgere la loro funzione depurante in maniera corretta, i batteri hanno bisogno di un ingrediente chiave: l’ossigeno (O).
Con questo ci fanno di tutto: lo attaccano agli atomi di carbonio (C) di zuccheri, grassi e altre sostanze organiche, producendo CO2; lo usano come una spugna per assorbire l’idrogeno (H) – prodotto di scarto dell’operazione – formando H2O; e ne hanno anche bisogno per trasformare l’ammoniaca (NH3) in nitrati (NO3-). Nell’operazione, riescono anche a racimolare qualcosa in termini di energia, che utilizzano per crescere e riprodursi.
Per garantire la presenza di una quantità sufficiente di ossigeno, la vasca a fanghi attivi è fornita di un sistema che pompa aria in continuazione all’interno della brodaglia melmosa.

Quando tutte (o quasi) le sostanze organiche sono state digerite, l’acqua è pronta per essere restituita al mondo esterno: viene separata dal fango batterico (che si deposita sul fondo della vasca) e incanalata in una condotta che la porterà al mare o a un fiume.

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Vignetta: Seppo Leinonen, www.seppo.net
Ma che fine fanno i batteri? Questi, immersi nell’acqua di fogna, sono cresciuti come fermenti lattici nello yogurt, e nella vasca quasi non ci stanno più. Ma la proporzione tra acqua da depurare e fanghi attivi va mantenuta costante, perciò una buona parte della melma batterica deve essere prelevata e inviata a un altro settore del depuratore per essere smaltita.

Qui i fanghi attivi vengono rinchiusi per 20 giorni in una specie di Grande Fratello da incubo, un cilindro senz’aria mantenuto a una temperatura costante di 35°C. In questa atmosfera soffocante, priva d’ossigeno, la maggior parte dei batteri muoiono; ma alcuni prosperano, cannibalizzando i propri compagni morti (un po’ quello che succederebbe al Grande Fratello, se non ci fossero le telecamere).

In mancanza di ossigeno, la degradazione delle sostanze organiche all’interno del cilindro procede in maniera un po’ differente: una parte del carbonio presente finisce comunque per trasformarsi in CO2; ma la parte restante è costretta a farsi carico dell’idrogeno di scarto – che, senza l’ossigeno, non può più formare H2O – e diventa pertanto metano (CH4).

Dalla macellazione e decomposizione dei poveri fanghi attivi esala quindi un gas composto in buona parte di metano, il cosiddetto biogas. Questo può essere utilizzato direttamente come combustibile, o raffinato per produrre biometano.
Il letto di batteri vivi e morti che rimane all’interno del cilindro viene invece seccato e trasformato in fertilizzante, oppure mandato in discarica.

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Fonti
Come funziona un impianto di depurazione (Provincia Autonoma di Bolzano)

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