5 febbraio 2013

Zuccheri e dolcificanti: la Stevia Rebaudiana

Lo zucchero comune, quello che utilizziamo normalmente per addolcire la nostra vita, è fatto di saccarosio. Il saccarosio è un disaccaride, cioè è formato dall'unione di due zuccheri semplici: il glucosio e il fruttosio. Anche questi, presi singolarmente, sono dolci. Ma non tutti gli zuccheri lo sono alla stessa maniera: il lattosio, ad esempio, contenuto nel latte, è circa otto volte meno dolce del saccarosio.

Gli zuccheri devono il loro sapore a delle cellule degustatrici che si trovano sulla superficie della lingua, raggruppate in strutture a forma di fungo o di bottone, dall'aspetto piuttosto ripugnante, e dal nome altrettanto brutto: papille. Queste papille sono delle vere e proprie terminazioni nervose, che informano fedelmente il cervello sulle ultime novità in fatto di gusto presenti nella bocca e sulla lingua.

Le cellule degustatrici hanno, sulla loro superficie, delle proteine che funzionano da recettori del gusto. Ci sono quelli per il salato, per l'amaro, per l'aspro, per l'umami (il sapore del glutammato, contenuto nei dadi da brodo). E poi ci sono i recettori per il dolce, capaci di riconoscere e agganciare specificamente gli zuccheri. L'arrivo di un'ondata di saccarosio causa in queste proteine un dolce formicolio, che le porta ad attivarsi e ad inviare al cervello un paio di fondamentali messaggi:
- sono a contatto con qualcosa di dolce
  e
- sono felice. 
In risposta a questi messaggi, nel cervello si attiva un'area specifica, deputata al riconoscimento e al perseguimento del piacere, che libera dopammina: anche il cervello è felice.

Dal punto di vista evolutivo, il piacere che ci danno gli zuccheri è giustificato e necessario: in epoche nelle quali l'obesità era un problema sconosciuto e non esisteva ancora la dieta Dukan, mangiare cibi contenenti zuccheri (e quindi energia) era un modo piuttosto sensato per sopravvivere. Tuttavia, in maniera squisitamente democratica, il cervello lascia ai recettori del gusto la possibilità di attivarsi anche in risposta ad altre sostanze.
Per esempio, i dolcificanti. Molti di questi non sono zuccheri, ma riescono comunque a legarsi ai recettori del dolce e ad attivarli. Di calorie, però, ne portano poche o nessuna. In un'epoca nella quale di cibo e di energia ne ingeriamo decisamente troppo, questa è la nuova frontiera della sopravvivenza.
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I dolcificanti artificiali sono di origine sintetica e non esistono in natura. L'aspartame, uno di quelli più utilizzati, è formato da due amminoacidi, a cui viene aggiunta una piccola appendice. Visto che è fatto di amminoacidi, l'aspartame ha un certo valore nutritivo, ma essendo circa 300 volte più dolce dello zucchero, se ne usa talmente poco che le calorie assunte sono quasi zero.
Nell'intestino, la piccola appendice dell'aspartame viene trasformata in metanolo, una sostanza notoriamente tossica. Inoltre, secondo l'Istituto Ramazzini, che pubblica da anni sull'argomento, ratti nutriti con aspartame si ammalano di ogni sorta di cancro. Ma secondo la maggior parte degli altri studi, l'aspartame non è cancerogeno. L'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare ha rianalizzato recentemente tutte le evidenze scientifiche, concludendo che l'utilizzo di aspartame come dolcificante non pone rischi per la salute. 

I prodotti "naturali" sono decisamente la moda del ventunesimo secolo, e i dolcificanti non fanno eccezione. La nuova imperdibile tendenza è produrre il proprio dolcificante in casa, coltivando una pianta di origine paraguaiana, la Stevia Rebaudiana. Questa pianta è un po' la Cannabis dei diabetici: le sue foglioline contengono gli steviosidi, sostanze centinaia di volte più dolci del saccarosio, che non vengono assorbite nell'intestino e non danno quindi alcun apporto calorico. Basta piantare la stevia in un vasetto e usarla come si fa con la menta: le foglioline, fresche o seccate, addolciscono te, caffè e anche dolci. Ma fate attenzione alle temperature: al di sopra dei 140°C, lo stevioside si spezza e libera glucosio, che viene quindi assorbito e utilizzato come fonte di energia.
Il profilo di gusto della stevia è un po' diverso da quello dello zucchero. La sensazione di dolcezza che si prova quando si mette in bocca una foglia è ritardata, e rimane un leggero retrogusto amarognolo, di liquirizia, dovuto alla debole interazione degli steviosidi con altri recettori del gusto, quelli dell'amaro.

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Altre fonti 
Mechanisms for Sweetness
  

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